L’architettura biomimetica ci suggerisce di imparare da Madre Natura quindi ci richiede un grande sforzo di osservazione e di umiltà allo stesso tempo perché invece di metterci al centro come protagonisti dell’innovazione dobbiamo sederci al banco come studenti e apprendere da ciò che ci circonda i principi per rendere migliore il luogo in cui viviamo, le nostre città, le nostre case, i nostri vestiti, il nostro arredo e tutta la nostra società.
E’ ovviamente un bel ribaltamento di punti di vista, non tutti sono pronti a farlo ma chi lo è ha parecchio da guadagnarci. La natura ci offre delle meravigliose lezioni di vita ma anche di tecnologia.
Architettura biomimetica: definizione
L’obiettivo con cui nasce la disciplina dell‘architettura biomimetica è quello di imitare i geniali modelli della natura per risolvere complessi problemi umani. Non è molto tempo che se ne parla ma nei pochi anni di vita che ha, è già in grado di offrire degli ottimi case history da raccontare per aiutarci a comprendere nella pratica di cosa si sta parlando. A breve ne andremo a conoscere alcuni.
Il termine viene dal greco bios (vita) e mimesis (imitazione) ma non centra nulla con le operazioni di mascheramento degli edifici attraverso pannelli vegetali che abbiamo visto anche in occasione di Expo Milano 2015. Nel nostro caso si va a ripensare il modo di fare architettura da capo e lo si contamina con l’idea di sostenibilità minimizzando l’alto impatto ambientale che tuttora si può riscontrare e noi in Italia lo sappiamo bene. In tal senso l’architettura biomimetica può aiutarci a salvare il pianeta, in un certo sento la natura ci suggerisce come salvarla e salvarci.
Architettura biomimetica: come funziona
Scendiamo nella pratica e proviamo a capire cosa significa avere l’approccio suggerito dall’architettura biomimetica. Si procede inquadrando bene il problema da risolvere o il progetto da realizzare e ci si chiede come in natura le piante o gli animali lo hanno risolto. Molto semplice in un certo senso ma nell’altro richiede una forte capacità di osservazione e di studio di tutto ciò che ci circonda. Però è proprio grazie a questo sforzo che oggi possiamo vedere dei ponti ultraleggeri ispirati alle cellule vegetali, ad esempio, oppure palazzi modulari che imitano le conchiglie, oppure ancora dei tetti efficienti dal punto di vista anche energetico e ispirati alle strutture delle ninfee amazzoniche giganti.
La natura oltre ad essere bella è anche saggia, dobbiamo solo copiare. Il grosso del lavoro lo ha già fatto l’evoluzione, non saremo certo noi a volerci eleggere maestri di fronte a milioni di anni di “studi” sul campo, in questo enorme laboratorio chiamato mondo. Sia della piante che dagli animali possiamo apprendere strategie importanti per la sopravvivenza anche in condizioni estreme.
Prendiamo lo scarafaggio della Namibia, abitante di zone desertiche che per sopravvivere ha dovuto capire come procurarsi l’acqua. Esce dalla tana di notte, sale in cima ad una duna e aspetta che soffi la brezza marina. Con la sua corazza nera irradia calore e su di essa si formano per reazione delle preziosissime goccioline d’acqua. Questo insetto all’alba solleva la corazza e può bere. Notata questa geniale tattica di approvvigionamento di risorse idriche si è cercato di riproporla con un progetto detto “Foresta del Sahara”.
Architettura biomimetica e incremento demografico
Un altro interessante insegnamento la natura ce lo può dare anche in merito alla gestione dello spazio. Più che mai apprezzato dato che l’incremento demografico su scala mondiale non ha l’aria di volersi arrestare e si sta andando inesorabilmente verso il collasso. Questo da un lato ci suggerisce di osservare alcune strutture naturali fittamente abitate come alcune tane o ambienti abitativi per poi riproporli in versione umana, ma dall’altro lato ci ricorda che c’è un’urgenza particolarmente importante che riguarda la gestione delle risorse.
Proprio dalla natura possiamo osservare il riciclo, il riuso, la seconda vita degli oggetti. Sembra difficile ma non lo è se si riesce a ribaltare l’ormai arcaico concetto di “dominare la natura attraverso la tecnologia” in quello di “dominare la tecnologia attraverso la natura” nel vero senso della parola. Questo non significa voler imporre una guerra tra natura e tecnologia perché con l’architettura biomimetica l’uomo è chiamato ad affiancare la natura nel processo evolutivo per recuperare l’equilibrio che permette la sopravvivenza degli ecosistemi.
Architettura biomimetica: esempi
Terminiamo questo viaggio tra il filosofico e il tecnologico nel mondo dell’architettura nel senso più ampio possibile con alcuni esempi “terra a terra” che possono farci sognare un mondo migliore. Come vedremo studiando la natura si riescono ad ottenere anche dei materiali che in laboratorio non siamo per nulla in grado di creare. Dalle ghiandole filiere sull’addome di una particolare specie di aracnide è stato possibile intatti ottenere una fibra più robusta di qualsiasi altra fibra creata dall’uomo.
C’è anche il caso delle corna dell’alce che sono leggerissima ma hanno delle caratteristiche di resistenza sia alla torsione che alla flessione, che alla compressione molto utili per l’uomo che non ha corna ma ha bisogno di esempi per progettare e realizzare ponti.
Terzo e ultimo esempio se questi non vi sono bastati, è quello del dolcissimo orso polare che ci ha permesso di inventare un collettore solare speciale. Questo animale è capace di trasferire la radiazione solare alla cute, dove si converte in calore e proprio da questo principio siamo partiti per costruire un collettore polare composto da fibre ottiche sistemate su una lastra assorbente dentro cui scorre l’acqua che si va a riscaldare.