L’estate 2019 passerà tristemente alla storia. Non solo per le sue temperature record ma soprattutto per i terrificanti incendi che hanno devastato il pianeta, persino nei suoi luoghi più remoti. Nelle regioni polari, i roghi hanno raggiunto un numero senza precedenti negli ultimi 10 mila anni, provocando una serie di gravissime conseguenze per il clima e la biodiversità.
Ora è il turno dell’Amazzonia, il nostro grande polmone verde.
L’Amazzonia brucia: il retroscena
Da quanto rivelano i dati dell’Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale (Inpe) del Brasile, tra gennaio e agosto 2019 in terra amazzonica si è verificata un’impennata di incendi senza precedenti. Se ne contano circa 72 mila contro i 40 mila del 2018. L’aumento è pari all’83%.
L’Amazzonia in questo periodo dell’anno attraversa la sua stagione secca, che va da giugno a novembre. Ma i roghi che divampano nell’immensa foresta pluviale sono nella stragrande maggioranza dei casi dolosi. Si tratta di incendi appiccati volontariamente in forma illegale, da allevatori per ottenere pascoli e da agricoltori per poter ampliare la quantità di terre da coltivare.
Alle spalle dell’incremento dei roghi e della correlata deforestazione, l’appoggio del Presidente brasiliano Jair Bolsonaro, sostenitore di una politica che favorisce il potente mondo dell’agrobusiness locale, dando la priorità allo sviluppo economico piuttosto che alla salvaguardia dell’ambiente.
Da quando il nuovo governo è salito in carica, la deforestazione e gli incendi si sono amplificati vertiginosamente, battendo ogni record. Lo scorso luglio, il disboscamento ha registrato un aumento del 278% rispetto all’anno precedente, per un totale di 1.345 kmq. Una cifra impressionante: è come se scomparissero tre campi da calcio al minuto.
I produttori e le aziende proseguono a bruciare e disboscare ininterrottamente, sentendosi legittimati dall’appoggio del governo.
La reazione politica mondiale
Nel frattempo, sulla tragedia ambientale in corso si sono accesi i riflettori dell’attenzione internazionale. Accanto allo sconcerto e agli appelli di semplici cittadini, personalità e associazioni provenienti da ogni angolo del globo, non è mancato l’intervento della politica.
Il Presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato l’allarme su Twitter, parlando di “crisi internazionale” e reclamando al G7 di iscrivere la questione all’agenda del suo vertice, previsto a Biarritz dal 24 al 26 agosto 2019. Dura la replica di Bolsonaro che, a colpi di tweet, ha accusato Macron di utilizzare un “tono sensazionalista” che “evoca una mentalità colonialista fuori luogo nel secolo XXI”.
Degli incendi amazzonici si è effettivamente discusso durante il G7. I sette grandi del pianeta hanno deciso di sbloccare con urgenza 20 milioni di dollari per l’invio di aerei Canadair per lottare attivamente contro i roghi.
Dal governo brasiliano è tuttavia giunta una reazione inattesa. Il Brasile ha rifiutato l’offerta di aiuti, con termini oltretutto durissimi. “Ringraziamo, ma questi fondi potrebbero essere più utili per la riforestazione dell’Europa“, ha scritto su un blog Onyx Lorenzoni, capo di gabinetto del presidente Jair Bolsonaro. E ancora: “Il Brasile è un Paese democratico e libero che non ha mai avuto pratiche colonialiste e imperialiste, che è forse l’obiettivo del presidente Macron“.
Nella risposta brasiliana è stato tirato in ballo anche l’incendio che lo scorso aprile ha colpito la cattedrale di Notre-Dame. Lorenzoni ha infatti criticato Macron, sostenendo di non voler ricevere lezioni da un presidente che “non può nemmeno evitare un incendio prevedibile in una chiesa che è un sito del patrimonio mondiale”.
Il rifiuto del governo brasiliano colpisce ancor di più perché in precedenza il ministro dell’Ambiente, Ricardo Salles, aveva riferito ai giornalisti di aver accolto con favore i finanziamenti del G7.
Mentre tra botta e risposta si consuma lo scontro tra il Capo dello Stato brasiliano e quello francese, l’Amazzonia continua a bruciare senza sosta. E il problema non si limita certamente al solo Brasile ma riguarda da vicino tutti noi. La progressiva distruzione del polmone verde rappresenta un irreparabile danno alla biodiversità mondiale. Le emissioni di carbonio scaturite dagli incendi possono inoltre contribuire pesantemente al riscaldamento globale.
L’ambiente viene per l’ennesima volta sacrificato in nome del tanto declamato “progresso” economico. Ma le ripercussioni che deriveranno da questo disastro non tarderanno a farsi sentire.
Aggiornamento al 28 agosto: Bolsonaro ci ripensa e accetta un supporto finanziario
Nuovo colpo di scena nella vicenda amazzonica. Il Brasile si è dichiarato disponibile ad accettare gli aiuti dall’estero per combattere gli incendi che stanno devastando la foresta pluviale. Lo ha riferito il portavoce del presidente Jair Bolsonaro, Otavio Rego Barros, con questa dichiarazione: “Il governo brasiliano tramite il presidente Bolsonaro è aperto a ricevere supporto finanziario da organizzazione e anche da nazioni. Il punto essenziale – ha tuttavia avvertito il portavoce – è che questi soldi che entrano in Brasile siano sotto il controllo del popolo brasiliano”.