L’allevamento intensivo o industriale mira a ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo, impiegando il minimo spazio, appositi macchinari industriali e farmaci. La gran parte della carne, dei prodotti caseari e delle uova che si acquistano nei supermercati viene prodotta con gli allevamenti intensivi.
E’ chiaro, quando parliamo di allevamento intensivo facciamo riferimento a cifre enormi che, anno dopo anno, si fanno sempre più grandi fino a raggiungere numeri preoccupanti. Basterà pensare al settore delle carni: nei primi anni Novanta la produzione ammontava a 170 milioni di tonnellate, nel 1994 si parlava di 194 milioni per poi salire a quota 217 milioni di tonnellate nel 2000. L’incremento della produzione di carne da allevamenti intensivi ha raggiunto 297 milioni di tonnellate nel 2011 e ancora oggi continua a crescere.
Le tecniche tradizionali di allevamento si integravano perfettamente con l’agricoltura: gli scarti animali veniva usati come concime e gli stessi animali contribuivano al lavoro nei campi prestando forza lavoro. Oggi, agricoltura e allevamento sono due settori del tutto separati: gli animali sono stati allontanati dai pascoli e vivono in enormi capannoni, alimentati con farine di cereali, semi oleosi, pesce e carne.
L’industria della carne più efficiente -che non significa “più etica” o “meno inquinante“, ma solo più produttiva- è quella statunitense. Gli USA impiegano 157 milioni di tonnellate di cereali per produrre solo 28 milioni di tonnellate di carne destinata all’alimentazione umana. La situazione di noi europei non è molto differente, l’unica diversità sta nei mangimi che l’industria della carne UE importa, un buona quantità, dall’estero.
Allevamenti intensivi e inquinamento
Gli allevamenti intensivi vedono un dannoso impatto ambientale. Per produrre un solo chilogrammo di carne sono necessari fino a 2.000 o 3.000 litri d’acqua! L’impiego idrico negli allevamenti intensivi è destinato al consumo diretto da parte del bestiame, per la coltivazione dei mangimi e per l’allontanamento delle deiezioni dalle stalle.
Non solo spreco idrico, gli allevamenti intensivi minacciano di contaminare le riserve d’acqua con i loro liquami derivati proprio dall’uso massiccio dell’acqua per lo smaltimento delle deiezioni. L’inquinamento da nitrati, in Europa, è ormai un problema molto serio dovuto per almeno il 50 per cento alla presenza di allevamenti intensivi.
Le acque reflue prodotte da un allevamento intensivo sono altamente inquinanti -solo in Italia si producono oltre 10 milioni di tonnellate all’anno di reflui- soprattutto perché caratterizzate da una forte presenza di antibiotici, ormoni e metalli pesanti somministrati artificialmente agli animali, non ché di numerosi microrganismi patogeni e da un eccesso di sostanza organica. La difficoltà di gestione di questi liquami si tocca con mano in numerosi bacini idrografici dove molte specie vegetali e animali sono state portate alla morte, in particolare anfibi ma anche pesci e danni ai mammiferi marini.
Danni ambientali causati dagli allevamenti intensivi
- Inquinamento idrico, causato dai liquami sversati nei bacini idrografici.
- Piogge acide, causate dall’ammoniaca liberata nell’atmosfera dai liquami.
- Eccessiva acidità del suolo e delle acque, causata dalle piogge acide.
- Eutrofizzazione delle acque, lo sviluppo sregolato delle alghe in mare è dato dall’azoto contenuto nei liquami.
- Danni ambientali indiretti dati dalla coltivazione massiccia dei mangimi:
-effetto serra.
-consumo del suolo.
-deforestazione.
-desertificazione.
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