Entro il 2020 almeno 50 milioni di ettari di foresta, un’area corrispondente alle dimensioni della Spagna, saranno distrutti per fare spazio alla produzione di materie prime agricole destinate all’industria. Questi dati allarmanti emergono dal recente report Conto alla rovescia verso l’estinzione, diffuso da Greenpeace in occasione del Consumer Goods Forum (Cgf), tenutosi a Vancouver.
L’evento globale riunisce le principali aziende multinazionali del settore alimentare, come Unilever, Nestlé e Mondelez. Nel 2010, durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Cancún, i membri del CGF si sono impegnati a eliminare la deforestazione dalla propria filiera entro il 2020, adottando un approvvigionamento responsabile di quelle materie prime particolarmente legate all’abbattimento di alberi su scala globale, ossia carne, soia, olio di palma, cacao e cellulosa.
Ma, da quanto denunciato dall’associazione ambientalista, le multinazionali finora “sembrano solo intenzionate ad aumentare ulteriormente la domanda di materie prime la cui produzione ha gravi impatti sulle foreste del pianeta”.
I dati della deforestazione mondiale
Nel periodo compreso tra il 2010 e il 2015, la produzione di materie prime agricole ha causato la distruzione di 30 milioni di ettari di foreste, una superficie equivalente alle dimensioni dell’Italia. Il 95 per cento del fenomeno ha riguardato l’America Latina e il Sudest asiatico.
Ma non basta: in questo arco temporale il commercio di materie prime ad alto rischio di impatti ambientali e di violazioni dei diritti umani è aumentata vertiginosamente. Dal 2010 a oggi, in Brasile le aree coltivate a soia sono cresciute del 45 per cento, la produzione di olio di palma indonesiano del 75 per cento, mentre l’area totale di terreni coperti dalle piantagioni di cacao in Costa d’Avorio è incrementata di ben l’80% per cento.
Le prospettive per il futuro non sono inoltre affatto rosee. Entro il 2050, il consumo globale di carne potrebbe aumentare del 76 per cento, la produzione di soia di circa il 45 per cento e quella di olio di palma di circa il 60 per cento.
Le cause della deforestazione
Il rapporto di Greenpeace parla chiaro: le importazioni di soia in Europa sono così massicce da rappresentare il principale contributo dell’Ue alla deforestazione globale. Ogni anno, infatti, nel Vecchio Continente, giungono circa 33 milioni di tonnellate di questa leguminosa, l’87 per cento delle quali utilizzate come mangime per gli animali destinati alla successiva produzione di carne a uso alimentare.
Negli ultimi anni anche la richiesta di olio di palma è cresciuta sensibilmente. Nell’Unione europea le importazioni di questa materia prima sono aumentate di oltre il 40 per cento tra il 2010 e 2017. Ad oggi, oltre la metà dell’olio di palma importato in Europa viene usato come biodiesel.
Sembrerebbe un paradosso ma anche le bioplastiche rischiano di diventare una nuova minaccia per le foreste. Molte multinazionali stanno cercando di sostituire le materie plastiche derivate dal petrolio con bioplastiche prodotte usando colture alimentari, tra cui mais e canna da zucchero. Ma questi nuovi materiali sono realmente a impatto zero? Come evidenziato nel report dell’associazione ambientalista, il loro utilizzo non rappresenta una soluzione reale. Alcune bioplastiche inquinano tanto quanto le plastiche prodotte con materiali fossili e non tutte sono biodegradabili. La crescita di materie prime agricole per la loro produzione rappresenta inoltre un’ulteriore minaccia per le foreste del Pianeta.
Allarme foreste: le richieste di Greenpeace
L’associazione ambientalista ritiene che per porre fine a questo gravissimo quadro sia necessaria un’azione condotta su più fronti. Da un lato, le multinazionali devono ripulire immediatamente le loro filiere da deforestazione e violazione dei diritti umani. Dall’altro, l’Europa deve adottare provvedimenti più efficaci per proteggere le foreste e favorire un approvvigionamento responsabile di materie prime.
Nello specifico, Greenpeace chiede di promuovere una nuova normativa per garantire che tutte le materie prime agricole e i loro derivati commerciati all’interno dell’Ue rispettino rigorosi criteri di sostenibilità, in grado di evitare impatti ambientali e sociali. Le nuove regole dovrebbero anche imporre obblighi quali la tracciabilità, la trasparenza della catena di approvvigionamento e la verifica da parte di terzi.
Si tratta, secondo l’associazione ambientalista, di misure necessarie per affrontare seriamente e con fermezza l’emergenza climatica ed ecologica che stiamo vivendo. Prima che sia troppo tardi.