All’interno del fusto dell’albero è possibile distinguere due diverse parti del tronco, in grado di vantare caratteristiche molto diverse tra di loro: l’alburno, di cui parleremo in questo approfondimento, e il durame.
Ma quali sono le specificità di alburno e durame? Quali sono le differenze che ci permettono di tenerle facilmente in distinzione?
Cos’è l’alburno
Cominciamo con una breve definizione di alburno, che possiamo individuare come la parte del tronco che viene utilizzata dall’albero per poter trasportare la linfa. Si tratta di una parte più morbida rispetto al durame, maggiormente zuccherina e in grado di contenere più acqua. Proprio per queste caratteristiche, l’alburno è generalmente più deperibile.
Cos’è il durame
Chiarito che cos’è l’alburno, dovrebbe di conseguenza essere più facile cercare di capire che cos’è il durame, che è invece una parte del tronco composta da cellule cilindriche morte, non più utilizzate dall’albero, che contiene meno liquidi e meno sostanze zuccherine rispetto all’alburno. Si tratta della parte dell’albero che per certi utilizzi viene ritenuta essere quella più pregiata, considerato che è povera di zuccheri ed è più durevole. Si tratta, insomma, della parte del tronco che sostiene la pianta.
Come distinguere alburno e durame
Agli occhi di un esperto, la distinzione tra alburno e durame sarà piuttosto semplice, considerato che sarà sufficiente effettuare uno sguardo attento al tronco per poterlo valutare compiutamente.
In particolare, in alcune specie legnose il durame finirà con il presentarsi più scuro per via della presenza dei tannini, le sostanze che consentono di preservare il legno, e che vengono stoccate in gran quantità all’interno del durame. Di contro, l’alburno si presenterà in maniera più chiara.
Attenzione, però, perché non è sempre così! in altre specie, come quelle che sono chiamate “a durame indifferenziato”, non è semplice trovare il punto di passaggio tra l’alburno e il durame, con la conseguenza che vi sono differenze poco marcate tra i due componenti dell’albero.
Un tipico esempio è rappresentato dalle conifere. Nelle conifere, infatti, la differenza risulta essere meno marcata rispetto alle latifoglie, principalmente a causa dell’assenza di tannini.
Alburno e durame in falegnameria e edilizia: cosa si usa?
Intuibilmente, stando alle caratteristiche che sopra abbiamo avuto modo di sintetizzare, dovrebbe essere palese il fatto che in falegnameria e in edilizia si tende a usare il durame. Peraltro, oltre a una motivazione tecnica (il durame è più durevole e resistente), c’è anche una motivazione estetica: considerato che in falegnameria si utilizza principalmente del legno di latifoglie, se i falegnami utilizzassero tutto il legno (anche l’alburno), finirebbero con il trovarsi dei componenti caratterizzati da variazioni cromatiche che potrebbero dare al risultato finito un aspetto non particolarmente prestigioso.
Le cose cambiano però in edilizia. Qui si tende infatti a usare l’abete rosso, che è per sua natura una pianta con durame indifferenziato. Considerato che si avrà una minore distinzione cromatica, non è raro che si finisca con l’utilizzare tutto il legno e, dunque, anche una parte dell’alburno. Non si tratta di un problema, considerato che dal punto di vista meccanico le differenze non saranno troppo apprezzabili, ma potrebbero comunque sorgere altri problemi di durabilità, considerato che le parti più morbide, quelle in alburno, potrebbero essere più facilmente intaccate dagli insetti che si nutrono proprio di queste sostanze.
Struttura del legno e alburno
In conclusione, vogliamo fare un po’ di chiarezza sulla struttura del legno, permettendo a tutti coloro i quali non sono particolarmente esperti di questo argomento di potersi orientare senza particolari problemi, almeno in via superficiale.
Ebbene, abbiamo definito il durame la parte più resistente del legno e, dando uno sguardo a una sezione di un tronco, dovremmo poterla individuare nella parte più interna, il “cuore”: si tratta di un componente che svolge il ruolo di sostegno, ed è fondamentale per poter reggere la pianta.
Di contro, l’alburno di cui abbiamo oggi parlato si trova nella parte più esterna, più giovane, appena sotto la corteccia esterna.
Dal midollo (la parte più centrale) alla corteccia esterna, troviamo dunque gli anelli della crescita, il legno, il cambio e il floema. Quest’ultimo, chiamato anche cribro o libro, è una serie di tubi e cellule cribrose, strutture cellulari che servono a trasportare la linfa, e che ogni anno, attraverso il cambio sottostante, può annoverare un nuovo strato, con la conseguenza che gli strati più recenti sono quelli interni, mentre gli strati più esterni sono quelli più vecchi.
Contrariamente a quanto avviene con il legno, gli strati più vecchi del libro sono soggetti a una lacerazione che ne determina la distruzione. Ne consegue che il libro ha uno spessore piuttosto ridotto rispetto al legno, e viene limitato agli strati degli ultimi due o tre anni.
Dal floema va invece distinto il periderma, che è l’insieme dei tessuti di rivestimento nella struttura secondaria, e il ritidoma, o scorza, che è invece la parte più esterna della corteccia, composta dai residui morti dei tessuti esterni.