Agricoltura sinergica: alla ricerca dell’equilibrio

Agricoltura sinergica

Con l‘agricoltura sinergica si cerca l’equilibrio che già esiste in natura, non ci si ossessiona sul prodotto ma ci si prende cura di tutto il processo, fin dal terreno dove nasce che può e deve fare a meno di fertilizzanti e pesticidi. Associando e alternando piante e fiori con i principi dell‘agricoltura sinergica si crea un circolo virtuoso, sano e con benefici anche all’umore e, con orti comuni, alla comunità. Enrico Marcolongo , contadino sinergico di Orto Cittadino Sinergico, racconta in cosa consiste e indica progetti per un futuro migliore, a portata di mano. E di zappa.

1) Cosa si intende per agricoltura sinergica?
L’Agricoltura Sinergica (AS) deriva dagli studi del microbiologo giapponese Masanobu Fukuoka e dall’agricoltrice naturalista francese Emilia Hazelip e si basa sulla ricerca dell’equilibrio in natura. Il suolo correttamente gestito ripristina e poi mantiene la sua fertilità rendendo inutile l’aratura e l’apporto di fertilizzanti. Nei boschi il suolo è fertile senza che vi sia l’intervento umano grazie a microorganismi e batteri benefici, fondamentali per il ciclo ossigeno-etilene. L’Agricoltura Sinergica tende a fare a meno di fertilizzanti o pesticidi, solo acqua, sole e paglia che, decomponendosi, nutre il terreno. Oltre a produrre verdura sana al 100%, l’Agricoltura Sinergica risulta più resiliente, a basso impatto ecologico e a basso consumo di petrolio.

2) I prodotti ottenuti con l’Agricoltura Sinergica in cosa differiscono dagli altri?
Con l’Agricoltura Sinergica non ci si concentra solo nel prodotto finale ma invece si presta molta attenzione alla salute della pianta, e quindi al suolo che ospita e nutre quella pianta. Così facendo, il fatto di ottenere buoni prodotti sarà solo la naturale conseguenza di una gestione consapevole. Ogni pianta ha una sua caratteristica, una sua particolarità e basta conoscerle per sfruttarle a vantaggio nostro e di una agricoltura sostenibile. Ad esempio le liliacee (aglio, porro, cipolla…) sono potenti antibatterici e funghicidi naturali, basterà metterli nelle bordure del bancale per avere una sorta di fortezza perimetrale che difenderà tutte le altre orticole. Le leguminose invece sono ottimi fertilizzanti: un ettaro di soia può fissare nel terreno 400kg di azoto. E poi ci sono i fiori. Il tagete ad esempio è un potente nematocida, mettendone alcuni nell’orto, lo avremo protetto in modo naturale senza alimentare l’industria chimica. Particolare attenzione nell’Agricoltura Sinergica si presta alle varie consociazioni: ad esempio cipolla e carota si nutrono a vicenda, il pomodoro cresciuto vicino ad un basilico diventa più saporito. E poi ogni orticola dovrebbe avere almeno tre famiglie diverse intorno, così ha migliori proprietà organolettiche.

3) E’ sbagliata l’idea di dover compensare le perdite di fertilità del suolo? Perché ?
E’ una credenza diffusa purtroppo. In realtà ogni pianta è formata dal 75% di acqua, il 20% è costituito da composti del carbonio e gas, il restante 5% proviene da composti presenti nel terreno, di cui metà è azoto. Solo il 2,5% quindi si può considerare effettivamente prelevato dal terreno e tutto ciò che viene tolto dalla pianta viene rimesso sul bancale (foglie secche e a fine ciclo i tronchi/rami sminuzzati). Se gestiamo la terra in questo modo (e non la pressiamo) creeremo l’ambiente ideale alla formazione dei microorganismi che smuoveranno i nutrimenti presenti nel terreno rendendoli disponibili per le piante.

4) Qual è il primo passo concreto per iniziare l’agricoltura sinergica?
Consiglio un corso, ma chi vuol sperimentare l’Agricoltura Sinergica in orti privati troverà del materiale per muovere i primi passi. Per una piccola produzione di paese o per un orto cittadino di una certa dimensione, andrebbe valutato con cura lo stato di sfruttamento del terreno di partenza per quantificarne le componenti minerale e organica e attuare la preparazione ideale.

5) Cosa sono i bancali? Come vengono organizzati e gestiti?
I bancali sono appezzamenti rialzati di terra, la base è di 1,2 metri circa, e il piano di semina superiore sarà di circa 50 centimetri. L’altezza dipende dal tipo di terreno: un terreno sabbioso tenderà a restare più basso, uno argilloso potrà spingersi più in alto. Poi andrà messo l’impianto a goccia che verrà coperto dalla paglia. Mantenendo la larghezza di 1,2 metri , il bancale può essere lungo a piacere, e con curve o forme di fantasia. Spesso in un orto sinergico troverete spirali, onde, anche forme di lettere per comporre nomi. L’unico limite è la fantasia, basta ricordare di fare qualche passaggio ogni tanto, altrimenti per raccogliere una melanzana bisogna poi fare lunghe tratte.

6) Come si prosegue?
La gestione di un orto consiste prevalentemente nella raccolta dei prodotti, nella posa di nuove piantine o semi. I primi anni ci si dovrà preoccupare anche di effettuare un bel po’ di diserbo manuale, ma con il tempo e con la pacciamatura le spontanee cederanno. Comunque alcune spontanee sono anche utili, come l’equiseto che apporta nel suolo molti minerali. Le insalate cresciute vicino ad esse sono particolarmente più buone. E poi paglia sempre pronta, per compensare quella che verrà “digerita” col tempo dal terreno.

7) Dal vostro punto di osservazione, quanti oggi in Italia praticano agricoltura sinergica? E’ più diffusa in altri Paesi?
In Italia non si contano più ormai le persone che praticano l’Agricoltura Sinergica. Per molti anni è stata nei giardini di pochi, ora invece è uscita dai confini “casalinghi”. Un comune potrebbe mettere a disposizione dei cittadini un terreno, si potrebbe formare un orto condiviso con tempo libero in cambio di verdure. Gli esuberi potrebbero essere venduti a chi non ha tempo di dare una mano. Così facendo si creerebbe un circuito virtuoso di produzioni locali in cui i cittadini si ritrovano per piacevoli sessioni di lavoro collettivo. Inoltre sono molte le scuole che potrebbero realizzare orti sinergici nel terreno della scuola, dando ai ragazzi un’ora alla settimana per fargli mettere le mani nella terra. La produzione potrebbe essere integrata nelle mense, con conseguente risparmio per la scuola stessa.
La “rivoluzione del filo di paglia” è appena iniziata.