Lambro, Po, Lago Maggiore e Lago di Pusiano, ma l’Istituto di Ricerca Sulle Acque arriva fino alla cima dell’Himalaya, da Brugherio, per approfondire gli studi sui meccanismi di inquinamento e di recupero delle acque. Gianni Tartari, responsabile della sezione brianzola del centro, racconta cosa scorre nei fiumi, cosa galleggia nei laghi o si nasconde nelle trasparenti profondità. Ed è solo una piccola parte delle tante attività che l’istituto svolge.
1) Quali attività svolgete nella sede di Brugherio?
L’IRSA (Istituto di Ricerca Sulle Acque), uno dei 107 Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è distribuito a scala nazionale su tre sedi: Roma (Direzione), Bari e Brugherio. Le principali attività di ricerca riguardano la qualità delle acque superficiali e sotterranee, la gestione delle risorse idriche in termini di quantità e il trattamento delle acque reflue urbane ed industriali.
A Brugherio l’attività verte principalmente sulla qualità e precisamente: la circolazione degli inquinanti, ovvero lo studio di come le specie chimiche si muovono nell’ambiente dalla sorgente fino al loro destino finale, generalmente i sedimenti. In questo movimento le specie chimiche tossiche possono arrecare danni alla flora ed alla fauna e giungere fino all’uomo.
Ci occupiamo di ecotossicologia: studiamo i meccanismi di accumulo e la pericolosità ambientale. I cambiamenti determinati dallo sviluppo delle società, determinano modifiche nelle comunità ecologiche dei sistemi acquatici (laghi, fiumi ecc.) la cui misurazione permette di stabilire una classificazione del grado di deterioramento e, di conseguenza, definire le azioni di recupero gestionale.
2) Quali fiumi e laghi in particolare studiate e monitorate? In che modo?
Essendo un Ente di Ricerca, non monitoriamo, a farlo sono le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA). Per l’attività che svolgiamo, però, ci focalizziamo su alcuni ambienti target studiandone i meccanismi e dei processi che portano al degrado o al recupero della loro qualità. Ad esempio studiamo il Lambro e il Po, tra i fiumi, il Pusiano, il Como e il Maggiore, tra i laghi.
L’attività di studio è comunque svolta in modo non convenzionale, e in genere sono applicate metodologie innovative affiancate da procedure molto comuni in questi ambiti scientifici.
In alcune situazioni, come nelle aree remote delle Alpi e dell’Himalaya, le procedure prevedono, invece, metodi di campionamento più complessi come ad esempio con lunghe escursioni in alta quota e l’uso di elicottero.
3) Il Lambro: in che stato è? Quali rischi per uomo?
E’ difficile dare una risposta univoca perché il sistema idrografico milanese è molto complesso: in città entrano Lambro, Seveso e Olona ed escono il Lambro Meridionale, quello Settentrionale e il Lambro Inferiore che alla fine convoglia tutte le acque nel Po.
Rimanendo al Lambro, a Nord fino a Monza le acque hanno una sufficiente qualità, mentre a Sud il Lambro Meridionale, quello settentrionale e l’Inferiore sono in uno stato di pessima/scarsa qualità, ma in leggero miglioramento a seguito dell’entrata in funzione del sistema depurativo della città di Milano.
I principali inquinanti sono i nutrienti degli scarichi urbani ancora non trattati e le acque di dilavamento delle grandi superfici impermeabili. A queste vanno aggiunti gli scarichi industriali e gli apporti agricoli nella parte inferiore del Lambro. Nel complesso le molecole di inquinanti presenti possono teoricamente raggiungere le decine di migliaia ed in continua crescita. I rischi per l’uomo sono comunque limitati, visto lo scarso uso delle acque da parte degli abitanti di queste zone.
4) La femminilizzazione dei pesci: di cosa si tratta? Perchè avviene e quali rischi comporta per l’uomo?
Si verifica nel Fiume Po, a quanto emerge dalle nostre ricerche, ed è analogo a quello riscontrato in altri fiumi europei. E’ dovuto all’immissione di migliaia di sostanze in bassa concentrazione. Nelle aree urbane densamente popolate le acque reflue contengono, infatti, numerose sostanze chimiche con proprietà di interferenti endocrini. La presenza di ormoni naturali, ormoni provenienti dalle pillole contraccettive, medicinali, detersivi, pesticidi, ritardanti di fiamma, sostanze chimiche nei cosmetici (che i tradizionali sistemi di trattamento non sono in grado di rimuovere) va ad influire negativamente sul sistema endocrino influenzando le funzioni riproduttive.
Così agendo sulle capacità riproduttive, si altera il sistema immunitario e si causano anomalie morfologiche e funzionali dello sviluppo, come l’ermafroditismo, nelle popolazioni ittiche.
Gli stessi effetti osservati, possono teoricamente verificarsi anche negli esseri umani per esposizione a miscele di contaminanti che interferiscono con lo sviluppo del sistema riproduttivo. A oggi, però, le evidenze di tali effetti sulla specie umana sono ancora controverse.
5) Dopo il Lambro, il Po: in che stato è?
Il grande fiume padano soffre a causa dell’enorme antropizzazione del suo bacino idrografico. In generale, però, la vasta disponibilità di acqua che converge dai suoi immissari gli consente di avere ancora uno stato sufficiente, salvo in certi nodi cruciali, come ad esempio a valle dell’immissione del Lambro.
I maggiori inquinanti sono ancora gli stessi del Lambro, tra cui i nutrienti derivanti dai reflui urbani e dal dilavamento agricolo, e le migliaia di micro-inquinanti organici.
Poiché l’acqua del Po è una risorsa idropotabile indispensabile nella parte bassa del suo percorso, i rischi per l’uomo vengono controllati e mantenuti sotto la soglia di allerta grazie a sistemi di trattamento molto sofisticati che ne garantiscono una buona qualità.
6) Che lavoro avete svolto per il Lago Maggiore? Cosa è emerso?
Il Lago Maggiore è un esempio emblematico delle conseguenze disastrose della cattiva gestione di un sito industriale. La presenza per numerosi decenni di una fabbrica per la produzione di DDT a poche decine di km dalla foce del Fiume Toce ha determinato un rilascio di questo inquinante, il cui uso è proibito dagli anni ’70.
Le conseguenze dell’immissione nel Maggiore di poche decine di kg di prodotto altamente tossico sono state il bio-accumulo nei pesci, fino a concentrazioni al di sopra della soglie edibile.
Probabilmente il fenomeno era già da tempo in atto, ma solo alla metà degli anni ’90 è emerso nella sua dimensione a scala dell’intero ecosistema. Da allora l’IRSA ha il compito di analizzare la circolazione di questo inquinante e dei suoi derivati, misurando le concentrazioni in pesci, sedimenti, acque lacustri e fluviali, nelle piogge secondo precisi programmi concordati con la Commissione internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere.
7) E per il Lago di Pusiano?
I laghi Briantei sono stati oggetto all’inizio degli anni settanta di una indagine dell’IRSA che ha fatto scuola per un pionieristico approccio limnologico, non solo in Italia. A partire dalla metà degli anni ’80, il Lago di Pusiano è divenuto un caso di studio in cui si sono cimentati decine di ricercatori e di laureandi. L’obiettivo iniziale era quello di comprendere come sarebbe evoluto il lago, allora in uno stato di ipertrofia (aumento anomalo di volume) molto spinto, a seguito degli interventi gestionali di collettamento dei reflui urbani avviato proprio in quei tempi.
Da allora gli studi hanno cercato di identificare in modo sempre più dettagliato le sorgenti residue di inquinamento, che anche qui sono legate all’eccesso di reflui urbani, giungendo fino a definire gli ultimi interventi necessari per un pieno recupero delle acque.
Il Pusiano rappresenta, infine, un caso di studio esportabile a tutti i piccoli laghi italiani e non solo.
Intervista a cura di Marta Abbà