A New York è Slow Design, contro l’orgia di carbonio

Pink Snils di Slow Life a Budapest
Slow Food, Slow Life, Slow Design... l'onda lenta si allarga

Da Slow Food a Slow Design, dall’alimentazione agli edifici: l’onda lenta si allarga e contagia nuovi settori della popolazione e dell’impresa. È prendendo spunto dal movimento Slow Food, a cui va il merito di aver creato una nuova cultura del consumo intorno al valore dei prodotti e delle persone, che un gruppo di architetti e designer lancia negli Stati Uniti Slow Design, un  modo diverso di concepire il benessere negli ambienti di vita.

Sono state le ultime brutte notizie relative all’impatto umano sull’ambiente a dare la stura a Slow Design. Nel 2011, negli Stati Uniti, un’ondata di caldo eccezionale con punte prolungate sopra i 40°C  ha investito buona parte degli stati meridionali e vaste aree del Texas sono state devastate dagli incendi. Intanto, in Amazzonia, la trasformazione in pascolo della foresta pluviale è continuata nel 2011 a un ritmo del 1000% sul valore del 2010. Secondo gli ultimi calcoli, gli esseri umani attualmente consumano risorse a un tasso di 1,5 volte superiore alla capacità del pianeta di sostituirle in modo sostenibile. E la popolazione globale sta per raggiungere i 7 miliardi.

Ognuno faccia la propria parte, designer compresi. Secondo l’architetto newyorkese Michael Bardin, senior designer dello Studio Perkins + Will e promotore del movimento Slow Design in USA, è arrivato davvero il momento di progettare edifici, ma anche di ricalibrare i nostri livelli di comfort, in modo da dipendere meno da riscaldamento e aria condizionata, anche a livello psicologico,

Il comfort igrotermico in casa è emblematico. “Oggi – fa l’esempio Bardin – vogliamo che in casa ci siano sempre 20-22% di temperatura e il 55% di umidità relativa perché a questi livelli colleghiamo il nostro stato di comfort. Il risultato di questa abitudine è che la famiglia americana produce circa 9 tonnellate di emissioni di anidride carbonica da riscaldamento, raffreddamento, illuminazione e aria condizionata. Ma uffici, fabbriche e sistemi di trasporto ne producono ancora di più, tanto che l’emissione totale di CO₂ per ogni famiglia americana nel 2004 era stimata in 59 tonnellate”.

“Considerato che le emissioni di carbonio domestico annuale per il resto del mondo sono circa 9 tonnellate per tutti gli usi combinati, noi americani constatiamo che il nostro attuale stile di vita si basa su una vera e propria orgia di carbonio”, sottolinea Bardin.  Ma se gli americani sono inclini all’eccesso, il resto del mondo evoluto non è tanto indietro nella lista dei cattivi. La verità è che tutti, con un po’ più di buon senso – e un buon maglione per stare sul divano in inverno – potremmo inquinare meno vivendo addirittura meglio.

Slow Design ha capito che la popolarità del movimento Slow Food è un riflesso della sua capacità di consegnare alle persone i prodotti più preziosi del mondo: salute e benessere, in questo caso attraverso la migliore nutrizione. “Ebbene – dice Bardin – le dinamiche che hanno reso sempre più apprezzato il messaggio di Slow Food, anche in un momento di recessione globale, possono funzionare anche nella costruzione di design”.

Gli edifici di Slow Design sono concepiti per inserirsi nel clima locale ed essere portatori di salute e di benessere, anche quando il riscaldamento o l’aria condizionata sono spenti. Cambiano intanto le aspettative degli occupanti, dei consumatori e dei clienti, via via più disponibili a uno stile slow anche nell’abitare. “L’architettura lenta può diventare un fenomeno carismatico per il consumatore globale, e progressivamente un valore riconosciuto da designer e aziende di design che si allineano con gli obiettivi del movimento per far coesistere sostenibilità e crescita economica”, conclude Bardin.

(in foto: le Pink Snails di Slow Life a Milano)

A cura di Michele Ciceri