Cassoeula di maiale: ricetta base e varianti
L’idea di postare la ricetta della cassoeula mi è venuta dopo che mia cognata, salentina trasferita al nord, mi ha invitato a gustare questo piatto cardine della cucina contadina brianzola e milanese preparato in casa. La cassoeula? Ma dai… Vuoi vedere che la cassoeula piace?
L’occasione, mi ha poi raccontato la cognata, è stata la visita a un’azienda agricola biologica in Brianza dove in questo periodo vanno a ruba buste complete con tutto il necessario (una sorta di kit della cassoeula) per la preparazione tradizionale di questo ensemble di maiale e verza. D’accordo, ma la cassoeula non garba a tutti e poi bisogna saperla preparare…
Ho cambiato parere dopo aver visto il volantino fresco di stampa di una rosticceria egiziana con una proposta di piatti d’asporto che comprende pizza, fritto misto, kebap e… cassoeula. Integrazione culturale tra i fornelli, meravigliosamente green! È arrivato novembre, piove, il primo freddo umido autunnale (diverso da quello secco e pungente dell’inverno) stimola nuovi appetiti e chiama a raccolta le calorie: per la cassoeula (come per il maiale) è la morte sua.
La cassoeula è un piatto completo, carico, avvolgente, intenso che a chi lo assaggia la prima volta richiama la tradizione agrodolce italiana (tipica dei piatti a base di maiale) con sapori che non si ritrovano in nessuna altra preparazione. Sazia, riempie, inebria: accompagnata dall’immancabile polenta una cassoeula è un pranzo intero della domenica che apre la strada a una (quasi necessaria) pennichella al calduccio.
La prima cosa da sapere è che la cassoeula è una preparazione contadina fatta con le parti cosiddette povere del maiale: puntina (cugina della costina, poi vedremo come) cotenna, codino, musetto, piedini. L’unico ingrediente nobile, per chi se lo poteva permettere, è il salamino verzino (parente della salamella e diverso dal cotechino) che va aggiunto a metà cottura. La cassouela è insomma il tipico ‘piatto di raccolta’, simbolo del dire che “del maiale non si butta via niente”.
E poi la verza: tanta, tanta verza (da qui il nome dell’insaccato di cui sopra), meglio se ancora umida di brina autunnale. Questa verdura in realtà è la vera protagonista della cassoeula, perché se il maiale può essere sostituito con capretto o agnello (per le preparazioni che vengono definite ‘in cassoeula’) la verza non può mancare mai. Le foglie verdi esterne sono le più indicate e saporite. Le altre verdure presenti sono sedano e carota per il soffritto iniziale. Si tende a escludere la cipolla (personalmente lo faccio) perché enfatizza le noti già dolci del maiale e secondo me non ce n’è bisogno.
Questa precisazione della cipolla fa capire che della cassoeula (che dalle mie parti in Brianza diventa ‘cazzöla’) esistono una robusta ricetta base e alcune piccole varianti. Una di queste è l’aggiunta di brodo (secondo me del tutto inutile), la sfumata di vino rosso (facoltativa) e l’olio al posto del burro per il soffritto, da prendere in considerazione perché rende il tutto un po’ più leggero.
Per le parti del maiale, a non poter mancare sono le puntine che, dicevamo, sono diverse dalle costine. Queste ultime sono la parte terminale delle coste (o costole), fatta di osso ricoperto di carne, ottime per le grigliate estive. Le puntine invece sono la parte innestata alla colonna, comprensiva della cartilagine e normalmente con una parte di grasso in più. Importante anche la cotenna, privata della peluria e tagliata a quadretti. Facoltativi musetto (che è sempre cotica ma con una porzione di grasso in più), codino e piedini. Codini e piedini, nel caso, vanno fatti lessare a parte perché hanno una cottura diversa. Il salamino verzino è fatto con lo stesso impasto della salamella, ma è più piccolo e adatto a stare nel piatto.
Del brodo, che alcuni ricettari consigliano, si può serenamente fare a meno. Una sfumata di vino rosso aggiunge sapore ma va fatta nella fase di soffritto e a fuoco vivo per non lasciare l’amaro. Il nordico burro può essere sostituito in tutto o in parte con l’olio d’oliva (di cui i contadini al nord non disponevano), anche perché regge meglio la cottura. Si tenga presente però che la cassoeula cuoce nel grasso del maiale e nell’acqua della verza, quindi di condimento ne basta davvero poco. Un po’ di pomodoro si aggiunge per dare colore, più che sapore, e l’ideale è il triplo concentrato di pomodoro in tubetti (l’unico tipo di pomodoro assieme ai pelati un tempo reperibile in inverno) mentre da evitare è il pomodoro fresco, che i contadini a novembre nemmeno si sognavano. Un paio di chiodi di garofano ci stanno benissimo.
Quella che segue è la ricetta base della cassoeula, la più semplice e non troppo unta, su cui eventualmente innestare le varianti a seconda dei gusti. Poiché la cassoeula è un piatto da gustare in compagnia e può essere conservata riscaldata (secondo molti riscaldata è ancora più buona) propongo dosi per 12 persone. Accompagnamenti: polenta di farina gialla di mais. Vino (meglio se mosso): Bonarda o Barbera.
Ingredienti per la cassoeula (o cazzöla)
700g di puntine di maiale 8; 600g di salamini verzini; 200g.di cotenne (o cotiche) di maiale; 300g. di carote; 200g di sedano; 3 kg. di verze; triplo concentrato di pomodoro; olio; 1 bicchiere di vino rosso; 2 chiodi di garofano; sale grosso e pepe.
Preparare un fondo con l’olio, il sedano e le carote tagliate a pezzetti piccoli (se si usa il burro attenti a non farlo fumare perché diventa amaro). Aggiungere le puntine e le cotenne e farle imbiondire bene. Sfumare con il vino rosso a fiamma molti viva. Evaporata la parte alcolica del vino si può aggiungere la verza tagliata a pezzi (o strappata a mano) senza paura di abbondare perché nella cottura la verza si riduce moltissimo; ci si può aiutare con il coperchio per pigiare la verza nella casseruola. Aggiungere una manciata di sale grosso, pepe e i chiodi di garofano. Lasciare cuocere a fuoco medio rimestando mano a mano che la verza si sfalda. Dopo un’ora circa aggiungere i verzini e continuare la cottura a fuoco basso. Per la cottura completa servono circa 2 ore.
Pubblicato da Michele Ciceri il 28 Ottobre 2012